12 Gen 2024

Argentina: furia liberalizzatrice

In poche settimane il neopresidente Milei ha varato una moltitudine di riforme per risanare l’economia del Paese, primo debitore del FMI. Tenuta sociale a rischio?

Nel primo mese di governo, il neoeletto presidente Javier Milei e la sua squadra, che include numerosi esponenti del partito dell’ex presidente (nel periodo 2015-2019) Mauricio Macri, hanno adottato o proposto moltissime misure di politica economica, sia per stabilizzare la situazione macroeconomica che per avviare riforme strutturali. L’Argentina sta vivendo una situazione economica particolarmente difficile con inflazione molto elevata e recessione, e ha appena ottenuto una nuova tranche di credito dal Fondo Monetario Internazionale. L’attuale amministrazione non potrà certo essere accusata di eccessivo gradualismo se non dovesse avere successo nella stabilizzazione, come invece venne fatto per il governo Macri. Piuttosto il rischio è opposto: portando avanti tutta l’agenda allo stesso tempo, senza dare una chiara priorità all’obiettivo della lotta all’inflazione, aumenta la probabilità di un forte scontro politico e sociale.  

Agenda Milei: riforme a tutto campo

È impossibile in poche righe presentare in modo esaustivo le iniziative prese dal nuovo governo dal 10 dicembre 2023, giorno del suo insediamento. Il 12 dicembre sono state annunciate le prime misure: il peso – la valuta argentina – è stato svalutato del 54% portando il tasso di cambio ufficiale a 800 pesos per un dollaro americano, più vicino al tasso di cambio informale (il cosiddetto “dollaro blu”) che era circa 1000 pesos. Il governo ha deciso di mantenere il regime di cambi fissi, forse per l’esperienza negativa del repentino passaggio ai cambi flessibili attuato all’inizio della presidenza Macri. Per il momento, il presidente Milei non parla più di dollarizzazione e di chiusura della banca centrale, decisioni che non sarebbero condivise dal partito di Macri. Ripetendo che “No hay plata” (Non ci sono soldi), il ministro dell’economia ha annunciato importanti tagli alla spesa pubblica: la cancellazione di nuovi progetti di investimenti pubblici, il mancato rinnovo di recenti contratti nel pubblico impiego, la riduzione dei sussidi all’energia e ai trasporti e dei trasferimenti di fondi federali alle province. Il governo ha previsto un aumento degli aiuti finanziari agli argentini più poveri, per mitigare gli effetti negativi delle misure precedenti. La povertà è aumentata molto negli ultimi anni e supera il 40% della popolazione.

Il 20 dicembre è stato firmato un decreto presidenziale – il Decreto de Necesidad y Urgencia “Bases para la Reconstrucción de la Economía Argentina” (DNU 70/2023), entrato in vigore il 29 dicembre, che attraverso la modifica o l’eliminazione di centinaia di leggi mira a liberalizzare e deregolamentare l’economia. Il decreto è stato strutturato attorno a tre assi, che, utilizzando il lessico ufficiale, sono: l’espansione delle libertà individuali, l’eliminazione dei privilegi della casta e la deregolamentazione dell’economia. Per esempio, con la modifica dell’articolo 958 del Codice Civile, viene stabilito che prevale la volontà delle parti nei contratti privati. Ciò implica, in pratica, che vengono eliminate tante restrizioni ai contratti, come nel caso degli affitti immobiliari. Il decreto prevede anche liberalizzazioni con apertura alla presenza di aziende straniere in numerosi settori, come nel settore dei satelliti e in quello aereo. Nel DNU 70/2023 è stata inserita anche una parte di revisione del diritto del lavoro, con vari cambiamenti, tra cui la semplificazione della registrazione dei lavoratori, l’allungamento del periodo di prova, la revisione delle procedure in caso di licenziamento. La Corte d’Appello Argentina ha, però, sospeso questa riforma del lavoro su richiesta della Confederazione Generale del Lavoro (CGT), il più grande sindacato di area peronista, contestando la modalità di decreto di urgenza per questa riforma.

Il 27 dicembre il presidente Milei ha inviato il disegno di legge “Ley de Bases y Puntos de Partidad para la Libertad de los Argentinos” al Congresso, che include ulteriori misure “anticasta” e di deregolamentazione, con riforme nel sistema tributario, nella legge elettorale, nella gestione del debito pubblico, in settori chiave come la pesca, l’energia, i trasporti. Il disegno di legge è composto da 664 articoli che vanno dall’autorizzazione alla privatizzazione di 41 aziende pubbliche, all’eliminazione delle primarie per l’elezione presidenziale (il cosiddetto PASO, un sistema creato nel 2009 che prevede primarie simultanee per tutti i partiti) e all’introduzione di una tassa del 15% sulla maggior parte delle esportazioni. Il governo ha anche proposto di aumentare le tasse sulle esportazioni di soia e dei suoi derivati al 33% dal 31%. L’Argentina è il primo esportatore al mondo di soia lavorata. Il disegno di legge mira a introdurre una sanatoria per il rientro dei capitali dall’estero, consentendo agli argentini di registrare e rimpatriare alcuni beni non dichiarati come azioni, criptovalute e contanti. Nel disegno di legge, tra gli articoli più controversi, c’è la richiesta di concedere poteri legislativi al presidente fino al 31 dicembre 2025, con la possibilità di estenderli per altri due anni. Questo disegno di legge richiede l’approvazione del Parlamento e del Senato e, siccome la coalizione di Milei non ha la maggioranza dei seggi, vi è incertezza su quale sarà l’esito finale.

Milei al governo: trasformazione temporanea?

Il primo mese di lavoro del nuovo governo ha mostrato un Milei pragmatico e realista, molto diverso da quanto visto durante la campagna elettorale. Per combattere il processo inflazionistico che in Argentina viene alimentato dalla monetizzazione del disavanzo del bilancio pubblico, il governo ha proposto misure per azzerare il disavanzo nell’arco di un anno, che non solo prevedono tagli alle uscite, ma anche aumenti delle entrate (reintroduzione della tassa sul reddito recentemente eliminata dal governo uscente di Sergio Massa, aumento delle tasse sul commercio estero). Il fatto che abbia accettato un aumento delle tasse mostra il realismo di Milei, che si auto-definisce economista libertario anarco-capitalista e che normalmente definisce le tasse un “furto” da parte dello Stato. Un altro esempio riguarda le relazioni diplomatiche: Milei in campagna elettorale aveva dichiarato che non avrebbe mai avuto rapporti con presidenti di sinistra, citando il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e il cinese Xi Jinping. Da presidente, invece, ha già instaurato rapporti ufficiali con entrambi, pur decidendo di non procedere con l’entrata dell’Argentina nel gruppo allargato dei BRICS. Anche in questo caso l’importanza dei rapporti economici con il Brasile e la Cina hanno prevalso sulla distanza ideologica. Anche la probabilità di un futuro ritiro dalla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, a cui l’Argentina aveva aderito nel febbraio 2022, deve fare i conti con la promessa cinese di quasi 24 miliardi di dollari di investimenti nei settori energetico, minerario, infrastrutturale e tecnologico.

Se è vero che il presidente Milei del primo mese è stato diverso dal Milei della campagna elettorale, è però troppo presto per concludere che il vero Milei è quello che aumenta le tasse quando occorre. Appena sarà finita l’emergenza, Milei inizierà a ridurre anche le tasse, non solo la spesa pubblica. Il suo modello ideale di economia mira a una presenza minima dello Stato e si ispira soprattutto alle posizioni libertarie dell’economista Murray Rothbard e liberiste del premio Nobel Milton Friedman. Anche se nel breve periodo possono essere contenuti con opportuni trasferimenti, gli effetti negativi dei tagli alla spesa sociale possono diminuire la crescita di medio periodo. In particolare, la riduzione della spesa pubblica in istruzione sarebbe preoccupante in Argentina, che ha già registrato una forte diminuzione del capitale umano: tra i Paesi a reddito pro capite medio e alto, l’Argentina è l’unico Paese dove la percentuale dei giovani con un titolo universitario è minore oggi rispetto alla generazione precedente

Con meno Stato, tenuta sociale a rischio

In queste prime settimane di attività, il governo Milei sta gettando le fondamenta per una nuova Argentina, una volta stabilizzata la situazione macroeconomica. Liberalizzazioni, deregolamentazioni e privatizzazioni ridefiniranno il modello di economia capitalista con una profonda revisione del ruolo del mercato e del ruolo dello Stato. Alcuni interventi del governo tenderanno a peggiorare la situazione economica nel breve periodo, in particolare il processo inflazionistico. Infatti, la svalutazione e la riduzione dei sussidi faranno aumentare l’inflazione. Dopo un difficile 2023 – il Pil si è contratto del 2,1% e l’inflazione annua è arrivata al 220% – il 2024 potrebbe iniziare con una recessione più profonda e un’inflazione più vicina al 400%. La speranza del governo è che nella seconda parte dell’anno la situazione macroeconomica inizi a migliorare. Tuttavia, la tensione sociale potrebbe esplodere prima. Un banco di prova di quanto gli argentini siano disposti ad aspettare il miglioramento sarà lo sciopero generale del 24 gennaio, indetto dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) contro le politiche del nuovo governo.

Pubblicazioni

Vedi tutti

Eventi correlati

Calendario eventi
Not logged in
x