Niger: la chiusura dei generali 

Niamey chiude il proprio spazio aereo contro la “minaccia di invasione” da parte dei leader ECOWAS, che avevano chiesto il reinsediamento di Bazoum entro domenica scorsa.

Sono ore concitate in Niger, dove lo scorso 26 luglio una giunta militare guidata dal generale Abdourahame Tchiani ha deposto il presidente Mohamed Bazoum. La Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ne aveva invocato il reinsediamento entro domenica, minacciando anche un intervento militare, che potrebbe degenerare in un conflitto generale. In un comunicato trasmesso sulla tv nazionale, la giunta non solo non ha accolto l’ultimatum, ma ha anche fatto sapere di chiudere lo spazio aereo per difendere l’integrità territoriale contro quei paesi dell’Africa occidentale pronti a intervenire per ripristinare il governo Bazoum. Dalla parte dei golpisti nigerini si sono schierate altre due giunte militari del Sahel, quelle di Burkina Faso e Mali (sospesi dall’ECOWAS negli ultimi due anni a causa di colpi di stato). Oltre alla dimensione regionale e continentale, la crisi politica in Niger potrebbe presto arricchirsi anche di quella internazionale. Mentre l’Italia chiede di prolungare la scadenza per il ripristino dell’ordine politico, alcuni paesi dell’Europa occidentale, così come Unione Africana e Unione Europea, si sono schierati al fianco di Bazoum, che denuncia come, dall’altro lato, la Russia possa infiltrarsi nel caos attraverso i mercenari della Wagner.  

Influenza russa? 

In un articolo d’opinione per il Washington Post, il presidente Mohamed Bazoum – che dice di trovarsi in ostaggio – ha diffuso un monito: “L’intera regione del Sahel centrale potrebbe cadere sotto l’influenza russa attraverso il gruppo Wagner, il cui brutale terrorismo è sotto gli occhi di tutti in Ucraina”. Un appello, quello del leader eletto democraticamente due anni fa, che sembra avere un duplice obiettivo: allertare sui pericoli derivanti da una giunta che gode del supporto dei mercenari russi, come accaduto a Bamako e Ougadougou tra il 2021 e il 2022, e – con il riferimento all’Ucraina – prendere posizione in quella che in Africa è altrimenti vista dai più come una guerra europea di cui gli stati africani pagano diverse conseguenze. Uno dei primi dettagli catturati dai cronisti sul campo nelle ore successive al golpe del 26 luglio sono state le bandiere russe e i diversi cartelloni inneggianti alla Russia e ai suoi mercenari. Secondo fonti citate da Associated press, i golpisti avrebbero effettivamente chiesto aiuto agli uomini di Yevgeny Prigozhin durante una visita nel vicino Mali, dove la giunta locale è supportata dai mercenari russi, le cui missioni si concentrano nel continente africano. La richiesta sarebbe arrivata a fronte della minaccia dei leader ECOWAS, che avrebbero già pianificato strategia ed aree di intervento. 

Il popolo sta con Tchiani? 

Molte delle bandiere russe sono state viste domenica allo stadio di Niamey, dove si stima ci fossero oltre 30mila sostenitori della giunta militare. Il rally è avvenuto in concomitanza con la scadenza dell’ultimatum ECOWAS e aveva anche l’obiettivo di mostrare come i generali godano del sostegno di ampie fasce della popolazione, che sembrano evocare slogan anti-establishment e antioccidentali, in primis contro la Francia, che a lungo ha guidato missioni militari in Sahel. Sebbene sia difficile misurare il sostegno verso il generale golpista Abdourahame Tchiani, così come registrare quanti si schierano ancora con Bazoum – che due anni fa vinse con il 56% dei voti in quello che fu il primo passaggio di poteri democratico da un presidente eletto a un altro nella regione dell’Africa occidentale – il rischio è che larghe fasce della popolazione potrebbero essere coinvolte o veicolate in un eventuale conflitto.  

 Quali sono i rischi? 

Il primo rischio è che possa scoppiare un conflitto a livello regionale con il coinvolgimento di diversi paesi. Da un lato, come detto, i paesi dell’ECOWAS, dove però non ci sarebbe un fronte del tutto compatto. Il senato della Nigeria, paese che detiene la presidenza di turno, avrebbe respinto l’opzione militare, invocando altri mezzi per la risoluzione della crisi. A seguito di un incontro a Parigi tra il premier nigerino Ouhoumoudou Mahamadou e la ministra degli Esteri francese Catherine Colonna, è stato dichiarato che la Francia sostiene “con fermezza e determinazione” il tentativo dell’ECOWAS di mettere fine al golpe. Dall’altro lato, invece, si andrebbe a creare un blocco golpista: al fianco di Niamey ci sarebbero le giunte di Mali e Burkina Faso, che hanno fatto sapere che un intervento militare ECOWAS in Niger equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra anche contro di loro. Gli altri due principali paesi confinanti e non membri ECOWAS, Algeria e Ciad, hanno una posizione più neutrale. Mentre Algeri teme le ripercussioni di un eventuale conflitto, N’Djamena prova a mediare: il presidente Mahamat Deby Itno è l’unico leader ad aver incontrato sia Bazoum che i militari. Ci sono però anche altri rischi. Il Niger, fino a ieri ultimo alleato di Francia e USA in Sahel, è un importante snodo geostrategico per diverse ragioni. Economicamente, il Niger è un paese ricco di oro e uranio. Il 25% dell’uranio importato dall’UE proviene dal Niger. Inoltre, Niamey è un attore imprescindibile per la lotta a diverse organizzazioni terroristiche attive in Sahel e in Africa Occidentale, come Boko Haram; così come per la gestione dei flussi migratori, trovandosi a metà percorso tra i principali paesi d’emigrazione e le rotte del Mediterraneo. Rotte che, in caso di crescita dell’instabilità sociale e politica, vedrebbero inevitabilmente aumentare la propria portata.  

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications

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