13 Feb 2024

La NATO e il fattore Trump  

Le dure dichiarazioni di Trump sulla NATO preoccupano i partner europei, riaccendendo il dibattito sulla difesa comune UE, mentre il Senato federale approva il pacchetto di aiuti militari all'Ucraina.

Il tema della NATO irrompe nella campagna elettorale americana, provocando non poche preoccupazioni sulla sponda opposta dell’Atlantico. Nelle scorse ore, l’ex presidente statunitense Donald Trump è tornato sull’argomento, dopo che nei giorni scorsi aveva ‘incoraggiato’ la Russia ad attaccare quei Paesi NATO che a suo avviso non spenderebbero a sufficienza per la difesa in modo da sostenere l’Alleanza atlantica. In un post su Truth, la sua piattaforma social, il candidato in pectore per un secondo mandato alla Casa Bianca ha ribadito che durante la sua amministrazione era riuscito a ‘far pagare il conto’ ai partner europei, risultato definito dallo stesso Trump “uno spettacolo bellissimo”. Nel frattempo, il Senato USA ha approvato l’atteso pacchetto di aiuti all’Ucraina e a Israele, dopo mesi di duri negoziati. La misura, tuttavia, deve ancora superare lo scoglio della Camera, controllata dai repubblicani. Le nuove dichiarazioni del tycoon newyorchese non lasciano indifferenti gli interlocutori del vecchio continente, tanto che torna a farsi largo il dibattito sulla necessità di un sistema di difesa comune dell’UE, che vada a integrare il dispositivo della NATO. In patria, invece, le reazioni di vari esponenti repubblicani alle parole di Trump dimostrano, ancora una volta, la presa ancora molto forte dell’ex presidente sul Partito dell’elefante.  

Solo campagna elettorale? 

La riduzione dell’impegno militare americano nel mondo è sempre stata un cavallo di battaglia per Trump, sin dalla vittoriosa campagna elettorale del 2016. Per la NATO, la linea del tycoon si è basata sulla richiesta agli alleati di spendere di più nella difesa per integrare l’ombrello di protezione americano. A ben vedere, però, anche Barack Obama e George W. Bush erano sulle stesse posizioni di Trump. È molto probabile che oggi l’ex inquilino della Casa Bianca voglia utilizzare nuovamente il tema per fini elettorali. E questo, per lo meno, è quanto ipotizzano (e sperano?) i partner europei. “Sono parole bizzarre, forse da campagna elettorale”, ha commentato il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. “Non è un bel messaggio – ha aggiunto – da parte di colui che vorrebbe guidare gli Stati Uniti dopo le elezioni, invitare i russi ad attaccare” i Paesi dell’Alleanza atlantica. “Resto convinto – ha concluso Tajani – che con qualsiasi presidente, le relazioni tra Roma e Washington resteranno forti”. Più severo, anche se indiretto, il giudizio del cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Nessuno deve giocare con la sicurezza dell’Europa”, ha detto durante una conferenza stampa congiunta con il premier polacco Donald Tusk.  “La promessa di protezione della NATO si applica senza restrizioni. Tutti per uno. Uno per tutti” ha aggiunto il capo del governo federale, sottolineando come in questo momento “l’imperialismo russo minaccia la nostra sicurezza comune in Europa”.  

Una difesa UE? 

Come periodicamente accade, quando sorgono contrasti all’interno della NATO torna rapidamente al centro di dibattito il tema della difesa comune europea. A parlarne nelle scorse ore è stato lo stesso Ministro degli esteri italiano, durante un punto stampa con l’omologa argentina. All’Europa “serve una difesa comune” per “contare di più in politica internazionale”, ha detto. Dello stesso avviso la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “L’Europa deve potenziare le proprie capacità e creare un nuovo quadro di sicurezza e difesa che integri – e non sia in concorrenza – con la NATO”, ha dichiarato durante una visita in Estonia, paese membro sia dell’Unione europea che dell’Alleanza atlantica. Le repubbliche baltiche, peraltro, sono tra i principali sostenitori dell’Ucraina di fronte all’invasione russa, vicina ormai al secondo anniversario. Lituania, Lettonia ed Estonia – insieme alla Polonia – sono inoltre tra i pochi paesi che spendono più del 2% del PIL nella difesa e, allo stesso tempo, i più esposti geograficamente alla pressione russa. Notizia di queste ore, secondo l’intelligence di Tallinn, Mosca intenderebbe raddoppiare il numero delle sue truppe di stanza lungo il suo confine con gli Stati baltici e la Finlandia. 

Per chi parla Trump?  

La corsa alla Casa Bianca, probabilmente, non si deciderà sui grandi temi di politica internazionale. Ma la crisi in Medio Oriente e la guerra in Ucraina, che rientra nell’ambito delle relazioni transatlantiche, avranno probabilmente uno spazio considerevole. Il presidente Joe Biden, ad esempio, sta scontando in prima persona le conseguenze dell’escalation iniziata il 7 ottobre tra Hamas e Israele, mentre Trump, che sta inanellando un successo dopo l’altro tra caucus e primarie repubblicane, non perde occasione per bacchettare l’amministrazione democratica sul tema. La maggior parte dei repubblicani, inoltre, ha minimizzato o difeso le parole di Trump sulla NATO, evitando oculatamente di criticare il tycoon. “Ero qui quando era presidente, e non ha minato né distrutto la NATO“, ha detto il senatore della Florida, Marco Rubio, considerato un falco della difesa e della politica estera americana. “Penso che guarderò alle sue azioni, piuttosto che alle parole,” ha affermato invece il senatore Mike Rounds del South Dakota, che è sempre stato un forte sostenitore della NATO e favorevole all’invio di aiuti militari all’Ucraina. La presa di Trump sul partito sembra dunque molto solida anche sui temi della politica estera, e nei prossimi mesi potrebbero esserci nuove uscite e affermazioni controverse, destinate a far discutere. Sempre che servano a guadagnare ulteriori consensi. 

Il commento 

di Antonio Missiroli, ISPI Senior Advisor 

“Le recenti dichiarazioni di Trump sulla NATO riprendono alcuni motivi già noti ma ne aggiungono di nuovi, come l’incoraggiamento esplicito a Mosca a mettere sotto pressione gli alleati europei, e la correlazione implicita fra le loro spese per la difesa e il sostegno americano, che dovrebbe allarmare anche altri alleati di Washington fuori d’Europa. Anni fa tali dichiarazioni sarebbero state considerate ‘sparate’ elettorali, ma il contesto strategico di oggi e la prospettiva di un Trump 2.0 ancora più radicale e determinato le rendono molto preoccupanti. Per gli europei i motivi per investire ed impegnarsi di più in materia di difesa esistono già da tempo anche al di là delle uscite del candidato Trump – anzi, riscoprirli solo in reazione a quelle rischia quasi di confermarne le ragioni. Rafforzare operativamente il ‘pilastro’ europeo della NATO e utilizzare con più coerenza e continuità le stesse risorse (normative e finanziarie) dell’UE non sono alternative a somma zero, ma dovrebbero procedere di pari passo, creando sinergie di medio-lungo periodo che possano rendere la difesa dell’Europa – e degli europei – ‘Trump-proof’, a prova di Trump”. 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications

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