16 Feb 2024

Navalny: la fine di un dissidente

La notizia della morte in carcere dell’attivista russo Navalny irrompe alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, rimettendo la Russia al centro dell’agenda euro-atlantica a un mese dalle presidenziali.

Le autorità russe hanno annunciato questa mattina la morte di Alexei Navalny, attivista e principale oppositore del presidente Vladimir Putin. Il dissidente moscovita stava scontando una pena carceraria di 19 anni, al culmine di una lunga e travagliata odissea giudiziaria. A divulgare la notizia è stato il servizio penitenziario federale russo, in un comunicato rilanciato dalle agenzie di Mosca. Da mesi, organizzazioni internazionali e per i diritti umani denunciavano le dure condizioni a cui l’attivista era sottoposto durante la detenzione. L’annuncio ha suscitato immediatamente reazioni di condanna e commenti da parte di vari osservatori internazionali, molti dei quali sono riuniti oggi a Monaco di Baviera per la Conferenza sulla sicurezza. La morte di Navalny ha inevitabilmente guadagnato il centro della scena nel dibattito internazionale e riacceso i riflettori dell’opinione pubblica occidentale sulla Russia di Putin, ritenuto da molti il responsabile dell’accaduto, a un mese quasi esatto dalle elezioni presidenziali russe.  

Circostanze oscure? 

Stando al resoconto fornito dalle autorità russe, il 47enne blogger e attivista russo, che stava scontando una pena per “frode ed estremismo”, si è sentito male dopo una passeggiata. Il personale medico della struttura – situata nella regione settentrionale russa di Yamalo-Nenets – avrebbe tentato di rianimarlo, ma senza successo. Gli ultimi contatti con l’esterno risalgono a pochi giorni fa: il 12 febbraio, Navalny era stato infatti visitato dalla madre, Lyudmila Ivanovna Navalnaya, e solo due giorni fa – il 14 – l’attivista aveva avuto un colloquio con il suo avvocato difensore Leonid Solovyov. Il comitato investigativo russo, riferisce l’agenzia Tass, sta conducendo un’indagine sulla morte di Navalny, mentre il presidente Putin è stato informato dell’accaduto. A tal proposito, il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, ha dichiarato che le cause del decesso di Navalny “non sono note” e che, in ogni caso, le indagini spettano alle autorità penitenziarie. A marzo del 2022, Navalny era stato giudicato colpevole di oltraggio alla corte e frode nella raccolta di fondi elettorali. Ad agosto del 2023, il tribunale di Mosca aveva ritenuto il blogger colpevole di aver “creato una comunità estremista”. Navalny ha sempre respinto tutte le accuse, ritenendole semplici macchinazioni per metterlo a tacere

Tutti contro Putin? 

Al netto delle reticenze del Cremlino, a livello internazionale in moltissimi puntano già apertamente il dito contro Putin. Navalny, infatti, non era solo il più accanito ed esplicito oppositore interno di Putin, ma anche il più riconosciuto al di fuori dei confini russi. Non a caso, una pioggia di commenti è arrivata da Monaco di Baviera, dove è in corso da oggi fino a domenica la conferenza sulla Sicurezza. Il governo russo “è responsabile” della situazione che ha portato alla morte di Navalny, ha detto il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, a margine dell’evento. “La sua morte in una prigione russa e la fissazione e la paura applicate a un solo uomo sottolineano la debolezza e la putrefazione del sistema che Putin ha costruito“, ha aggiunto il segretario di Stato. “Non vi è nulla che Putin tema di più del dissenso del suo stesso popolo”, ha scritto sui social la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La morte del dissidente russo “è un terribile monito su che cosa siano Putin e il suo regime“, ha aggiunto. “Navalny è stato ucciso” e Putin dovrà “rendere conto dei suoi crimini”, ha detto invece il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando in conferenza stampa a Berlino insieme al cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Anche quest’ultimo, ricordando di aver incontrato Navalny quando l’attivista viveva in Germania, ha dichiarato senza remore che “la Russia ha smesso da tempo di essere una democrazia”. 

Il momento sbagliato?  

Navalny si era guadagnato l’ammirazione di tutto il mondo per essere tornato volontariamente in Russia nel 2021 dalla Germania, dove era stato sottoposto a cure per quello che test di laboratorio occidentali hanno dimostrato essere un tentativo di avvelenarlo con un agente nervino. La notizia della sua morte riaccende i riflettori sulla Russia in un momento molto particolare. Tra pochi giorni, il 24 febbraio, ricorrono infatti due anni dall’invasione in Ucraina, mentre fra un mese quasi esatto – dal 15 al 17 marzo – si terranno nella Federazione le elezioni per l’elezione del presidente. La chiamata alle urne è considerata da molti una mera formalità, prima della rielezione di Putin. La scorsa settimana, ad esempio, il politico russo Boris Nadezhdin è stato estromesso dalla corsa alla presidenza per la presunta raccolta di firme false a sostegno della sua candidatura. Era stato l’unico esponente dell’opposizione ad aver raccolto anche il consenso dei sostenitori di Navalny, a sua volta escluso dalle presidenziali del 2018 per via giudiziaria.  

Il commento 

di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Senior Research Fellow ISPI 

“Navalny è stato capace di convogliare la frustrazione di una società civile spesso accusata di passività, spingendola in varie occasioni a manifestare in un paese sempre più autoritario. Lo ha fatto perché parlava non solo di principi e ideali astratti, ma anche e soprattutto di corruzione e dell’assenza di stato di diritto, cose che la popolazione russa subisce in prima persona ogni giorno. La notizia della sua morte è un colpo per l’opposizione russa, che perde uno dei suoi volti più riconoscibili sia in Russia che all’estero. Allo stesso tempo, tuttavia, è difficile che nelle condizioni attuali la sua morte possa costituire un intoppo per la ben oliata macchina elettorale e di propaganda del Cremlino”. 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications

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